Il TAR Milano precisa che:
«secondo orientamento consolidato in giurisprudenza, condiviso dal Collegio, la circostanza che l’abuso sia risalente nel tempo non esclude, in materia urbanistica ed edilizia, l’esercizio dei poteri di controllo e sanzionatori del comune, poteri non soggetti a prescrizione o decadenza, in considerazione della fondamentale immanenza dell’interesse pubblico alla corretta gestione del territorio. Ne consegue che l’accertamento dell’illecito amministrativo e l’applicazione della relativa sanzione può intervenire anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, senza che siffatta distanza nell’adozione delle misure sanzionatorie possa significare forme di sanatoria o il sorgere di affidamenti per situazioni ormai di fatto consolidate (cfr. per tutte Cons. Stato nn. 1070/2017; 1774/2016; 4880/2015; 4892/2014; 5943/2013).
Ciò in quanto l’illecito edilizio ha carattere permanente, tale da conservare nel tempo la sua natura e non potendosi ammettere un affidamento meritevole di tutela alla conservazione di una situazione illegale. Ne consegue che l’interesse del privato al mantenimento dell’opera abusiva è necessariamente recessivo rispetto all’interesse pubblico al rispetto della normativa urbanistico-edilizia, strumentale al corretto governo del territorio, leso in maniera duratura dall’abuso.
Giova altresì ricordare che, secondo giurisprudenza consolidata, in materia di provvedimenti sanzionatori degli abusi edilizi, l’amministrazione non è soggetta a particolari oneri motivazionali, posto che non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è in re ipsa l’interesse pubblico alla sua rimozione. L’atto può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa descrizione dell’abuso accertato e del contrasto urbanistico, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la misura sanzionatoria e il diniego di sanatoria»;
aggiunge inoltre il TAR Milano che:
«Nessun rilievo può essere riconosciuto alla sopravvenuta modifica del piano regolatore atteso che le opere abusive possono essere sanate solo se sia provata la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda: la doppia conformità, dunque, costituisce condicio sine qua non della sanatoria ed investe entrambi i segmenti temporali, cioè il tempo della realizzazione dell’illecito ed il tempo della presentazione dell’istanza. Diversamente opinando si finirebbe per offrire un sostanziale incentivo a commettere abusi edilizi, nella speranza di una successiva modifica in senso favorevole degli strumenti di pianificazione, con il risultato di far condizionare dal fatto compiuto il potere di governo del territorio che spetta all’amministrazione, con evidente pregiudizio al buon andamento di essa (cfr. Cons. St., sez. II, 13 giugno 2019, n. 3958)».
TAR Lombardia, Milano, Sez. I, n. 690 del 18 marzo 2021.
La decisione è consultabile sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, sezione decisioni e pareri.